Vipassana Meditazione: scienza di vita
La meditazione Vipassana è l’antichissima tecnica che portò Siddhartha Gautama, il Buddha, all’illuminazione più di 2500 anni fa. Vipassana letteralmente significa“vedere la realtà così com’è ”. E da qui “visione profonda”. Non è assolutamente qualcosa di astratto da studiare sui libri, ma è un metodo concreto per sperimentare la realtà così com’è e proprio all’interno di noi: osservare il respiro, le sensazioni fisiche, i pensieri e le emozioni porta a scoprire la loro struttura, il loro modo di funzionare.
È proprio questa osservazione minuziosa che porta a comprendere, percependola, la vera natura della realtà e, soprattutto, a liberarsi dalla sofferenza. Riuscire ad osservare ciò che succede nel corpo, nella mente e nella vita e farlo senza giudizio, mantenendo cioè equanimità, (upekkha, nella lingua del Buddha, il Pali) è la cosa più difficile al mondo, ma più si cerca di farlo, più ci si allena, e più upekkha si sviluppa e più ci riesce a percepire dettagliatamente ciò che ci succede dentro nel qui e ora.
Il Buddha raggiunse l’illuminazione proprio grazie a questa pratica, e poi la insegnò fino alla fine dei suoi giorni. Ma prima volle sperimentarla su sé stesso. Ed è questo il cuore della Vipassana meditazione: non credere ciecamente a qualcosa, ma verificarlo nella propria esperienza diretta.
Durante il mio primo ritiro di dieci giorni a Lutirano ho sentito davvero questa potenza. Pur avendo già anni di yoga e meditazione alle spalle, solo lì ho trovato un metodo concreto per trasformare ciò che sapevo principalmente a livello teorico, in esperienza vissuta. È stato un ritiro impegnativo, ma anche un risveglio grazie a questa tecnica che mi ha permesso di toccare con mano i meccanismi profondi di corpo e mente.

Un ponte tra spiritualità e scienza
È sorprendente quanto ciò che si sperimenta con la Vipassana corrisponda a quello che la scienza oggi conferma: la fisica quantistica ci dice che la materia non è solida e fissa, ma vibra continuamente; la neurobiologia mostra che la consapevolezza modifica il nostro sistema nervoso e i circuiti cerebrali.
Meditando, ho percepito dentro di me quel flusso continuo di energia e movimento, che la scienza descrive come onde, particelle, elettroni in trasformazione. È lo stesso tipo di intuizione che un fisico può avere studiando la realtà esterna — ma in questo caso, la scoperta avviene all’interno, tramite la pratica della Vipassana meditazione. Ed è quello che illuminò il Buddha.
Mi sono chiesta: perché ci stupisce che il Buddha abbia raggiunto certe verità guardandosi dentro, mentre ci sembra del tutto normale che un Nobel ci arrivi studiando fuori? Forse perché oggi diamo valore solo a ciò che si può misurare. Ma non è detto che tutto ciò che conta si possa misurare con gli strumenti scientifici.
La mente: un sistema automatico (ma modificabile)
La mente funziona attraverso automatismi (sankhara in pali, i famosi samskara in sanscrito). Il cervello memorizza un modo di reagire, e lo ripete all’infinito. Questo vale per le emozioni, i pensieri, i comportamenti. E spesso, proprio questi automatismi sono alla base della nostra sofferenza.

Con la pratica della Vipassana meditazione impariamo a osservare questi schemi interiori, senza reagire. Non è facile: la mente inizialmente si ribella. Ma con pazienza, possiamo vedere le cose per quello che sono, senza aggiungere carichi emotivi legati al passato, il luogo dove abbiamo fatto le prime associazioni tra le sensazioni e la loro valutazione emotiva.
È qui che la scienza e la meditazione si incontrano davvero. Le neuroscienze parlano di “neurocezione”: la valutazione inconscia che facciamo di ogni stimolo che comporta un riassestamento automatico, inconscio, della neurofisiologia del corpo e della mente.
La Vipassana meditazione ci insegna a portare luce proprio in questi automatismi, facendoli emergere alla coscienza, e quindi modificandoli. La mente inconscia si fa conscia.
Nel mio ritiro ho vissuto questo passaggio in modo concreto. Riuscivo a sentire le percezioni e a fermare la loro associazione alla valutazione emotiva. Ma quanta fatica riuscire a farlo anche una volta tornata a casa!
A Lutirano ho cominciato anche percepire come le sensazioni nel corpo mutassero in continuazione. Dove prima c’era tensione (collegata all’interpretazione “dolore”), poi sentivo formicolio, poi caldo, poi, a volte, nulla. Poi di nuovo tensione. Questo mi ha aiutato a ridurre l’attaccamento alle sensazioni piacevoli e l’avversione verso quelle spiacevoli. E proprio così si arriva a scardinare – per lo meno a cominciare a farlo davvero – gli automatismi inconsci. La chiave? L’osservazione equanime, coltivata con la Vipassana meditazione e con il silenzio, vero, che solo può permettere alla voce del vero di manifestarsi.
“Il silenzio non è vuoto. È pieno di risposte.”
Khalil Gibran
Aniccia: la legge dell’impermanenza
Un concetto centrale nella Vipassana è aniccia, l’impermanenza. Nulla rimane uguale, tutto cambia. Lo sappiamo tutti, ma viverlo nel corpo è un’altra cosa. Sentire che qualsiasi sensazione, anche un dolore, non è fissa, ma pulsa, si muove, cambia intensità, è una scoperta che può cambiare il nostro rapporto con ogni emozione. Per imparare a gestirle al meglio!
Un’altra concetto chiave è upekkha, l’equanimità: la capacità di restare presenti e stabili anche quando le sensazioni cambiano, anche quando sperimentiamo ciò che non “vorremmo” sperimentare. Nel corpo seduti meditando, nella vita vivendo le frustrazioni quotidiane. Non è facile, ma è possibile. E tutto cambia. Rimanere ad osservare, semplicemente osservare la realtà per quello che è e non per quello che vorremmo che fosse. Sabbham yathabhutam: la realtà così com’è.
Anche la scienza lo conferma: ogni emozione è una risposta chimica del corpo a uno stimolo e questa risposta è calibrata da ciò che abbiamo già sperimentato, ovvero da memorie passate. Quando smettiamo di re-agire automaticamente, iniziamo a modificare questi circuiti, che, lentamente, perdono la loro carica. La mente e il corpo hanno bisogno di energia per mantenere vivi gli schemi con cui agiamo, pensiamo, sentiamo. Se si toglie energia per vecchi schemi, se ne libera per nuove connessioni, nuove risposte, nuova libertà. Una nuova vita.
Togliendo energia a questi meccanismi di reazione automatici, se ne ha a sufficienza per creare altri modi di operare del cervello e del corpo.

La consapevolezza, la capacità di osservare ciò che ci succede dentro, è questa nuova energia che modifica l’uso del cervello/corpo al di fuori dei percorsi tradizionali. La consapevolezza, la presenza mentale è un campo di energia in grado di cullare e trasformare tutti gli altri campi di energia di cui siamo fatti, come ripeteva il mio amato Thich Nhat Hanh.
Vipassana Meditazione come strumento trasformativo
La Vipassana è una tecnica concreta, “scientifica” nel suo approccio: ci aiuta a osservare, senza giudizio, ciò che accade nel nostro corpo e nella nostra mente. Questa osservazione calma il sistema nervoso e cambia il modo in cui elaboriamo gli stimoli. È come se, con la consapevolezza, potessimo reimpostare il sistema operativo interno.
Si modifica anche il modo in cui respiriamo, e questo influenza cuore e cervello. L’anapana, la fase iniziale di questa tecnica, si concentra proprio sul respiro: osservare il respiro coì com’è è un modo naturale per calmarsi: questa stato di calma indotto dall’osservare il respiro regola il battito cardiaco e questo a sua volta regola l’attività cerebrale. È un circolo virtuoso che porta a stati di pace e lucidità.
Anche l’HeartMath® Institute in California studia da decenni il potere del respiro nel creare coerenza tra cuore e cervello. Quando questo avviene, diventiamo capaci di vivere le esperienze con maggiore chiarezza, lucidità e con meno reattività. E sicuramente con maggiore gioia.
Il laboratorio interiore della vipassana meditazione
Grazie alla Vipassana meditazione, ogni sessione diventa un vero e proprio esperimento scientifico: osserviamo cosa succede dentro di noi, come in un laboratorio. Non abbiamo bisogno di conoscere tutte le teorie per fare esperienza di queste trasformazioni. Basta osservare.
Ogni volta che mi siedo per meditare, mi sento davvero come una scienziata curiosa. So che sto per esplorare le leggi della natura, qui, dentro di me. . Sto per vedere la realtà così com’è: sabbham yathabhutam.

Una mente purificata per vivere davvero
Per riuscire a non reagire più coi soliti schemi, serve purificare la mente da questi vecchi schemi. Serve una mente calma, in grado di osservare per purificare. Non si può essere equanimi senza pace interiore. Per questo, prima di iniziare la vera pratica di Vipassana meditazione, si lavora sul respiro. Il respiro è il ponte tra mente e corpo, ed è l’alleato più potente per trovare equilibrio.
Con il tempo e la pazienza, osservando cosa succede nel corpo senza reagire, impariamo che ogni cosa è destinata a cambiare. Le emozioni, le sensazioni, i pensieri, le situazioni: tutto è fluido. E quando non ci aggrappiamo più a ciò che passa, troviamo una libertà nuova. Una felicità nuova. che non ha nulla a che vedere con gli usi standard di corpo e mente a cui siamo abituati.
Non è facile. Il mio primo ritiro è stato difficile e molto faticoso. Ma anche pieno di rivelazioni. È lì che ho capito che la mia conoscenza intellettuale che già mi pareva introiettata dentro di me, in realtà non lo era ancora. Doveva diventare esperienza vissuta. Ed è da lì che ho iniziato a danzare davvero con la vita.